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Il sistema pensionistico italiano e i tre pilastri
26 Settembre 2025

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Il sistema pensionistico italiano e i tre pilastri

Parlare di pensioni in Italia significa affrontare un tema che tocca da vicino milioni di persone, non solo per chi è vicino alla fine della carriera lavorativa ma anche per i più giovani, che si trovano a dover progettare un futuro previdenziale in un contesto radicalmente cambiato rispetto al passato.

Il sistema pensionistico italiano, analogamente a quello di molti altri Paesi europei, si fonda su un modello a “tre pilastri”, elaborato già negli anni Novanta come schema di riferimento per garantire sostenibilità e adeguatezza delle prestazioni nel lungo periodo.

In questo articolo analizzeremo nel dettaglio cosa sono i tre pilastri, come funzionano nel nostro Paese e quali sfide pongono a chi oggi lavora e dovrà costruire la propria pensione di domani.

Perché si parla di tre pilastri

Il concetto dei tre pilastri nasce dall’idea che la sicurezza economica nella vecchiaia non possa poggiare esclusivamente sul sistema pubblico, ma debba essere integrata da strumenti collettivi e individuali. L’invecchiamento della popolazione e il contestuale calo delle nascite, la crescente instabilità del mercato del lavoro e la difficoltà degli Stati di finanziare pensioni generose attraverso la sola spesa pubblica hanno reso necessario prevedere un approccio più articolato.
In sintesi:

  • Il primo pilastro rappresenta la previdenza obbligatoria pubblica, finanziata in Italia con il metodo a ripartizione che rimane il sostegno principale per le pensioni attuali e del futuro.
  • Il secondo pilastro corrisponde alla previdenza complementare collettiva, che prevedono l’utilizzo del TFR come fonte di investimento, e si articolano in pensione negoziali o aperti.
  • Il terzo pilastro riguarda invece la previdenza integrativa individuale, basata su scelte personali e volontarie di risparmio previdenziale.

Il primo pilastro: la previdenza pubblica obbligatoria

Il cuore del sistema italiano è il primo pilastro, cioè la pensione erogata dall’INPS o dalle casse professionali, a cui ogni lavoratore deve iscriversi in base alla propria attività. Si tratta di un sistema obbligatorio, finanziato dai contributi di lavoratori e datori di lavoro, secondo il principio della ripartizione: i contributi versati oggi vengono utilizzati per pagare chi è già in pensione.

Dal sistema retributivo al contributivo

Un passaggio fondamentale nella storia della previdenza italiana è stato il superamento del sistema retributivo, che calcolava l’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni percepite, spesso più alte rispetto alla media della carriera e ai contributi effettivamente versati. Questo meccanismo garantiva pensioni generose ma non era sostenibile nel lungo periodo, soprattutto a fronte del calo demografico e dell’allungamento della vita media.

Con la riforma Dini del 1995 è stato introdotto il sistema contributivo: la pensione viene calcolata in base ai contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa, rivalutati con i tassi di crescita del PIL e trasformati in rendita al momento del pensionamento attraverso dei coefficienti di conversione. Ciò significa che il legame tra quanto si versa e quanto si riceverà è molto più stretto rispetto al passato.

Limiti del primo pilastro

Il sistema pubblico continua a costituire una base di sicurezza, ma non è più in grado di assicurare tassi di sostituzione (cioè il rapporto tra pensione e ultima retribuzione) vicini al 70-80% come accadeva in passato. Per molti lavoratori, soprattutto i più giovani e con carriere discontinue, il tasso di sostituzione futuro potrebbe aggirarsi attorno al 50-60%, a seconda dei casi.

Questo scenario rende evidente l’importanza dei pilastri successivi, nati per integrare e non sostituire la pensione pubblica.

Il secondo pilastro: la previdenza complementare collettiva

Il secondo pilastro è costituito da strumenti di previdenza complementare che hanno una dimensione collettiva. In Italia, essi si manifestano principalmente nei fondi pensione negoziali, istituiti attraverso la contrattazione tra sindacati e datori di lavoro, e nei fondi pensione aperti, qualora siano presenti accordi specifici aziendali.

Come funzionano i fondi pensione negoziali

I fondi negoziali sono destinati ai lavoratori dipendenti di specifici settori, aziende o aree geografiche.
L’adesione è volontaria, ma una volta iscritti il lavoratore beneficia di alcuni vantaggi significativi:

  • Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), che resterebbe accantonato in azienda o all’INPS, è destinato al Fondo, diventando a tutti gli effetti risparmio previdenziale.
  • I contributi vengono alimentati non solo dai versamenti del dipendente ma anche da una quota aggiuntiva del datore di lavoro, attivata solo con l’iscrizione al fondo pensione negoziale.
  • I fondi pensione negoziali sono associazioni senza scopo di lucro, elemento che gli consente di offrire costi tra i più bassi del mercato.

Il terzo pilastro: la previdenza individuale

Il terzo pilastro è costituito da strumenti di previdenza che dipendono da scelte individuali e volontarie. In Italia, le principali soluzioni sono:

  • I fondi pensione aperti, promossi da banche, assicurazioni e società di gestione del risparmio, a cui ciascuno può aderire individualmente e indipendentemente dal settore di appartenenza.
  • I PIP (Piani Individuali Pensionistici), prodotti assicurativi che consentono di accumulare un capitale destinato a integrare la pensione.

Le sfide del futuro

Il modello a tre pilastri pone alcune sfide cruciali per il futuro del sistema pensionistico italiano:

  1. Educazione previdenziale: molti lavoratori non hanno una chiara consapevolezza delle prospettive pensionistiche, né conoscono i benefici della previdenza complementare. Senza un miglioramento della cultura finanziaria, sarà difficile incrementare l’adesione ai fondi.
  2. Sostenibilità del primo pilastro: il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione mettono sotto pressione il sistema a ripartizione. Le riforme future dovranno trovare un equilibrio tra sostenibilità finanziaria e adeguatezza delle prestazioni.
  3. Inclusione dei giovani e dei lavoratori precari: le carriere intermittenti e i bassi salari rendono complicato aderire a strumenti di previdenza integrativa. Informazione mirata e soluzioni flessibili, potrebbero essere la chiave per non lasciare intere generazioni senza protezione.

Per i lavoratori di oggi, la vera sfida non è solo capire quanto si riceverà dall’INPS, ma decidere come utilizzare gli strumenti del secondo e del terzo pilastro per rafforzare il proprio futuro pensionistico. Una decisione che richiede informazione, pianificazione e lungimiranza, perché la pensione non è più un orizzonte lontano e garantito dallo Stato, ma un progetto personale da costruire passo dopo passo.

Da queste premesse è nato Previdentemente, un canale di informazione (ma non solo) pensato per avvicinare i cittadini del Veneto a una maggiore consapevolezza sul tema pensionistico e per accompagnarli nella costruzione di un percorso coerente e sostenibile verso la propria serenità futura.